L’omen del Bosk

L’omen del Bosk

Una strana usanza carnevalesca vigeva tempo fa a Cepina. Tradizione antichissima del periodo di carnevale: festa legata a riti propiziatori con drammatizzazioni varie tra cui anche quella del processo, della condanna e della morte di personaggi fantastici , maschere, che identificano i malanni, le pecche e i malcostumi dell’anno trascorso.

Si costruiva al limitare del bosco, una rozza capanna (bajta del bosk). Il più robusto giovane del paese vi si rifugiava con un altro vestito da donna. Ambedue erano coperti di pelli e si chiamava l’uno l’omen del bosk, l’uomo del bosco, l’altro la femena del bosk, la donna del bosco.

Una squadra di giovani poi dava, armata di fucili, l’assalto alla capanna e l’incendiava. L’uomo e la donna del bosco, costretti a fuggire, venivano rincorsi, fatti prigionieri e condotti sulla piazza. Qui, alla presenza del popolo, venivano processati.

Il” processo all’omen del Bosk” era una delle armi che il popolo aveva per reclamare contro le istituzioni, le ingiustizie e la prepotenza di alcuni signorotti di paese. Vuole essere la parodia di un vero processo durante il quale si addossano all’imputato tutti i mali e i peccati della società.

La sentenza consisteva sempre nello stabilire la separazione dei coniugi: condannandoli uno su una sponda e l’altro sull’altra della valle, per impedire la procreazione e obbligarli a mantenersi a distanza per evitare il pericolo che tornassero a piantar casa e devastare i poderi.

Questo si usava l’ultimo giorno di carnevale.