Mulino di Piatta

Mulino di Piatta

Il mulino di Piatta fu realizzato nel 1949 su iniziativa di un privato cittadino che, leggendo un trafiletto pubblicitario su “Il Corriere della Valtellina”, ebbe l’idea di provare a impiantarlo nella frazione piattina rimediando ai disagi che sino ad allora gravavano sui coltivatori di segale, costretti a recarsi sempre a Bormio o a Cepina per lavorare l’ottimo cereale coltivato sui versanti del paese. Pio Canclini, il protagonista di questa piccola rivoluzione, dopo aver contattato il rappresentante della ditta e verificato di persona il funzionamento del molino, stipulò il contratto di acquisto e il 17 ottobre 1949 il manufatto venne sistemato a Piatta nella casa della sorella Caterina Canclini e il giorno dell’inaugurazione venne benedetto con cerimonia ufficiale.
Il mulino funzionava elettricamente e fu una grande comodità per gli abitanti di Piatta, non solo per il risparmio di tempo ma anche per la lavorazione meccanica che, in parte, sostituiva il lavoro manuale.
La raccolta della segale, infatti, era molto laboriosa: le spighe venivano tagliate con una falce e sistemate in covoni legati alle due estremità da spighe intrecciate. Ogni 10 covoni si formava una “decima” (da cui il nome “tabiato delle decime, il fienile di Combo dove si raccoglievano le decime sulle biade che un apposito ufficiale comunale, detto canipario, esigeva ogni anno per conto del comune e della chiesa) e così si lasciavano essiccare nei campi. Portate poi nel fienile, distese e battute con l’eskut (una sorta di bastone snodabile), ne uscivano i chicchi. I bambini dovevano pulire i chicchi, togliendo quelli neri (segale cornuta) che erano destinati alla farmacia perché velenosi e che ancor oggi si usano in preparati medicinali.
Questo lavoro di separazione dei chicchi veniva fatto a mano e solo dopo il 1950 venne meccanizzato grazie a una trebbiatrice. I chicchi così separati venivano portati al mulino del signor Pio: costruito con “un doppio elevatore a carico automatico” e dotato di un buratto o setaccio “a stretti piani oscillanti che consentiva tutte le separazioni di farine”, questo mulino aveva una resa in farina intorno al 70-73%. Il mulino rimase in uso per parecchi anni, poi venne dismesso a causa del progressivo abbandono delle coltivazioni; resta, tuttavia, un lungimirante esempio di intraprendenza privata messa al servizio di tutta una comunità.