Santella di Belòt | Oga

Santella di Belòt | Oga

Innalzata da Vincenzo Rocca nel 1854, riparata nel 1864 e rinnovata per devozione dagli eredi di Pietro Casa nel 1955 (Pietro Casa era genero di Vincenzo Rocca poiché ne aveva sposato la figlia Maria Apollonia); questo fa supporre che la cappelletta potesse essere frutto di un voto fatto affinché la coppia potesse avere dei figli. Infatti, dall’anno del matrimonio avvenuto nel 1953 al 1956 non nacquero eredi e il primo venuto non sopravvisse che pochi minuti. Dopo di che, ebbero ben 7 figli di cui un altro morto durante il parto. Detta anche Santela de Belòt (cognome di una famiglia che da Valdidentro si era stabilita a Oga nel Seicento). Al toponimo Belòt è legata anche una leggenda: si narra che versando olio di lino nei prati della conca di Belòt, questo fuoriuscisse più a valle nella zona chiamata Didalènt. in passato era meta di processioni durante le Rogazioni (processioni fatte la mattina molto presto, con cui la popolazione pregava e invocava l’aiuto divino per proteggere la campagna dalle avversità climatiche e favorire un ottimo raccolto, spesso con aspersione di acqua santa per benedire prati e campi. La cappella fu restaurata e ridipinta nel 1955 dal pittore Leonardo Leonardon. Riproduce una Madonna col Bambino tra S. Luigi e S. Liberato (o Liberale), su un lato è ritratto S. Rocco.

  • S. LUIGI, il gesuita sacrificò la sua giovane vita per servire il prossimo e divenne subito un modello di santità esemplare per i giovani. Nato privilegiato, si presentava al mondo in un contegno umile e reggendo un simbolo non di morte, ma di pace, di innocenza e di purezza (il giglio). È ritratto con i caratteri iconografici tradizionali: abbigliamento talare improntato a semplicità, viso imberbe, il capo raggiato e lo sguardo pacato.
  • S. ROCCO, La grande diffusione di questo culto inizia tra XV e XVI secolo e data la sua agiografia (si ammalò di peste mentre assisteva gli ammalati e ne guarì grazie anche al fedele cagnolino che gli portava il pane da mangiare) è invocato a protezione contro le pestilenze a cui era sopravvissuto. L’affresco è molto rovinato: si intravede il bastone con appesa all’estremità una bisaccia per contenere l’acqua e la coscia scoperta a lasciar intravedere la piaga della peste. Assai particolare l’abbigliamento scamiciato, coperto solo da una sorta di giacchino
  • S. LIBERALE, non esiste nessun altro santo del genere in Valtellina né in Lombardia ma a Oga si trovano un quadro (in sacrestia) e una santella a lui dedicati, sebbene le due raffigurazioni non corrispondano nei canoni estetici. S. Liberale è diffuso nel nord-est veneto (patrono di Treviso), S. Liberato è raro.